Esercizio fisico e regolazione epigenetica

La maggior parte dei fenotipi ( l’espressione visibile del codice genetico ) umani sono influenzati da una combinazione di fattori genomici e ambientali. Impegnarsi in un regolare esercizio fisico previene molte malattie croniche, diminuisce il rischio di mortalità e aumenta la longevità. Tuttavia, i meccanismi coinvolti sono capiti male. L’effetto modulante dell’esercizio fisico (aerobico e di resistenza) sull’espressione genica è noto da tempo e ci ha fornito una comprensione delle risposte biologiche all’esercizio fisico. Dati di ricerca emergenti suggeriscono che le modificazioni epigenetiche sono estremamente importanti per lo sviluppo e la malattia negli esseri umani. Veloce spiegazione su cosa sia l’epigenetica per i nostri lettori: con il termine “epigenetica” s’intende quella branca scientifica che studia le modificazioni delle strutture associate al DNA e non direttamente su quest’ultimo. Questa branca è importantissima, dal momento che queste modificazioni possono influenzare tutte le caratteristiche di un organismo sia positivamente che negativamente. L’articolo si occupa proprio di fare un sommario di quali siano queste modificazioni e di come l’esercizio fisico influenzi la gestione epigenetica dell’organismo circa determinati organi e tessuti.
Segue, l’articolo, esponendo e sintentizzando le modificazioni al livello del cervello, del muscolo scheletrico e del sangue.
Per quanto riguarda il cervello, l’articolo parla di studi effettuati sia su animali che su umani; volendo concentrarci su questi ultimi e non andando troppo nel complicato con le modificazioni biochimiche accennate prima, quello che bisogna portare a casa è l’aumento della produzione di Brain Derived Neurotropic Factor (BDNF) a seguito di una prestazione di esercizio fisico e di come questo fattore migliori la neurogenesi a livello ippocampale.

Questa proteina favorisce la sopravvivenza delle cellule nervose (neuroni) svolgendo un ruolo nella crescita, maturazione (differenziazione) e mantenimento di queste cellule. Nel cervello, la proteina BDNF è attiva nelle connessioni tra le cellule nervose (sinapsi), dove avviene la comunicazione cellula-cellula. Le sinapsi possono cambiare e adattarsi nel tempo in risposta all’esperienza, una caratteristica chiamata plasticità sinaptica. La proteina BDNF aiuta a regolare la plasticità sinaptica, che è importante per l’apprendimento e la memoria.

Questo cosa vuol dire? Vuol dire semplicemente che aumentando questo fattore di crescita, avremo una migliore memoria e un miglioramento delle funzioni cognitive ( come ad esempio l’attenzione ). Questa è una delle caratteristiche principali dei benefici dell’attività fisica che passa spesso in secondo piano rispetto alla valenza estetica o di performance.
Come abbiamo già spiegato, in seguito all’attività fisica, l’organismo subisce delle modificazioni a livello del codice genetico ( cosiddette epigenetiche ) che vanno a cambiare il modo in cui quest’ultimo interagisce con altri mediatori cellulari; questo porta alla maggiore sintesi di nuove proteine e complessi proteici utili ( come il BDNF per l’appunto ). Nel muscolo scheletrico viene evidenziata l’aumentata attività di sintesi di proteine quali GLUT-4, AMPK e PGC-1 alpha, che invece hanno a che vedere con la gestione dei nutrienti e la capacità di sfruttarli del tessuto stesso.

Altra parte interessante di questo articolo, seppure ancora molto incerta è quella del ruolo dei MicroRNA ( di solito abbreviato come miRNA ) che svolgono un ruolo importante nel processo di sintesi proteica, e specialmente nelle modifiche successive alle varie molecole. Viene suggerito il ruolo di alcuni di questi miRNA in alcune tipologie di esercizio fisico e di processi protettivi di alcune malattie, come l’arteriosclerosi ad esempio.
Insomma, si tratta di un articolo piuttosto interessante per quanto riguarda la proposta di interessanti ambiti a diversi livelli di profondità che sicuramente ci ricorda ci quanti benefici l’attività fisica porta con sé.

Referenze

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24163284

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